I gatti nell’Antico Egitto

Gli Antichi Egizi, molto probabilmente, iniziarono ad addomesticare i gatti selvatici africani (considerati i progenitori dei nostri attuali gatti) per la loro utilità nella caccia ai topi, in quanto il numero dei roditori era notevolmente aumentato con l’avvento dell’agricoltura e dell’uso di raccogliere e immagazzinare il grano. Questa abilità è riportata in una celebre filastrocca che serviva ad insegnare agli studenti egiziani il concetto di potenza in matematica.

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La filastrocca. I sette gatti di Ahmes, che è il problema n. 79 del papiro di Rhind (dal nome dello scopritore) o papiro di Ahmes (dal nome dello scriba che è il primo matematico conosciuto), risalente al 1650 a.C., così recita:
In una proprietà ci sono 7 case.
In ogni casa ci sono 7 gatti.
Ogni gatto acchiappa 7 topi.
Ogni topo mangia 7 spighe.
Ogni spiga dà 7 heqat di grano.
Quante cose ci sono in tutto in questa storia?
(Nota: l’heqat era una misura di capacità pari a circa 4,785 litri)

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La soluzione della filastrocca è la seguente:
Case 71 = 7
Gatti 72 = 49
Topi 73 = 343
Spighe 74 = 2.401
Heqat 75 = 16.807
Totale 19.607

Vivendo assieme a loro quotidianamente, ne rimasero affascinati ed iniziarono ad adorarli.

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Il gatto venne ritenuto quindi dagli Antichi Egizi animale sacro e divino. Il gatto era sacro al Sole e a Osiride mentre la gatta alla Luna e a Iside. Gli Egizi veneravano Bastet, una divinità con corpo di donna e testa di gatta. Bastet era figlia di Iside e sorella di Horus. Era una dea molto potente collegata a Ra ed era simbolo della vita, della fecondità e della maturità. Nella città di Bubastis nel Basso Egitto, c’era un tempio costruito in onore di Bastet. In questo edificio di pietra i gatti vagavano liberamente e i fedeli li osservavano e studiavano il loro comportamento per trarne consigli e presagi della dea. I gatti avevano il compito di condurre gli uomini al momento della morte nell’aldilà. Il culto di Bastet era molto diffuso in diverse regioni egiziane e nel corso dei secoli sempre più popolare e potente.

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L’uccisione di un gatto era punita più severamente di quella di qualsiasi altro animale anche se si trattava di un incidente. Anche quando il gatto moriva di morte naturale, le persone della casa si disperavano e rispettavano il lutto come se fosse morto un membro della famiglia. Alla loro morte venivano imbalsamati e sepolti con ogni onore. Nei dintorni di Tebe e Menfi sono stati trovati cimiteri contenenti duecentomila mummie circa di gatti. Nel Libro dei Morti egizio si affermava che il gatto possedesse nove anime e godesse addirittura di nove vite successive.

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